La personalità può essere definita come “un’organizzazione di modi di essere, di conoscere e di agire che assicura unità, coerenza e continuità, stabilità e progettualità alle relazioni dell’individuo con il mondo” (Caprara, Gennaro, 1994). Questa modalità di pensare, sentire e agire è data dalla somma di temperamento, carattere e comportamento. Per temperamento s’intende la parte innata, determinata geneticamente, ovvero la parte istintiva e biologica della personalità. Il carattere invece è determinato dall’ambiente, quindi conseguenza delle esperienze e delle interazioni sociali che viviamo nella vita.
Possiamo intendere il disturbo della personalità come ciò che uno è, e non ciò che uno ha. Quest’ottica sottolinea il fatto che il disturbo è molto più di quanto sia osservabile attraverso solo il comportamento, poiché racchiude motivazioni, fantasie, modi caratteristici di pensare e di sentire, modi di fare esperienza di sé e degli altri.
La personalità inizia a formarsi in maniera più delineata dall’adolescenza, stabilizzandosi negli anni a seguire. Se quest’ultima diventa rigida e stabile nel tempo, crea disagio a sé e agli altri e compromette la vita quotidiana, entra a far parte dell’esperienza propria dell’individuo, al punto da non ricordare di essere stato differente o non immaginare di poterlo essere.